giovedì 5 marzo 2015

19/09/2004

Mio dolce tesoro,
come stai?
Qui sono un po' di giorni che piove e temporaleggia.
A me questo tipo di clima piace un sacco, soprattutto d'estate. Non so perchè.
Forse perchè sperimento la frescura dell'aria sulla pelle delle braccia, e gli alberi e i prati sono ancora verdi, con le foglioline traboccanti d'acqua. Il cielo si appanna, ma lascia trasparire il calore del sole, mentre la luce del giorno muore, per poi risplendere di nuova vita.
E i tuoni, e i lampi...la pioggia fitta che pulisce l'aria, insieme al profumo dell'ozono, il rombare sommesso della tempesta che sembra protestare, assieme al livido occhio dei lampi dietro le nuvole, la mal sopportazione per questa vita insulsa.

Amo anche  i temporali nella notte, quando il cielo urla e si sfoga ancora di più sul mio piccolo paese addormentato, e il vento geme, sbatte contro le fronde degli alberi e rovescia le sedie di plastica sui balconi.

Amo i temporali notturni.

Quando ti svegli con un sobbalzo, da un sogno insignificante, per lo scoppio urgente del  tuono, che pare prenderti per i capelli e richiamarti alla vita, con gli occhi sgranati e il cuore in tumulto.
Quando ti alzi da letto e, appoggiando i piedi scalzi sul pavimento gelato, attraversi la casa nel buio per andare a staccare la spina del computer dalla presa.
Quando passi di fronte al balcone della cucina, aperto, spalancato sulla notte, con la tenda bianca svolazzante come un fantasma irrequieto.
Guardi fuori, e fuori non c'è nulla, solo il cielo nero su cui strisciano serpenti blu e viola, e la coltre di pioggia è talmente fitta che ti sembra di guardare da dietro una cascata, e il vento freddo t'intirizzisce la pelle e ti spinge addosso la furia della pioggia, bagnandoti braccia e gambe nude.

Allora torni in camera tua, praticamente raggelata, e ti raggomitoli sotto le lenzuola sottili; senti la tempesta che ti abbraccia, ti culla nel tuo sonno e ti tiene compagnia, rombando sommessa:
- "Sono qui! Sei qui..."

A questo punto, mi sento sempre con te. Tu, mentre mi addormento, ti vedo davanti a me.
Non sono più nel mio letto solitario ricavato sotto l'armadio.
Siamo nel nostro letto, enorme, disfatto, con le lenzuola bianche aggrovigliate, nella camera semplice, essenziale.
La finestra alle mie spalle è aperta, e il vento freddo penetra dentro, strisciando sui nostri corpi nudi, coperti fino al petto dal lenzuolo.

Ti guardo mentre dormi, coricato su un fianco, il braccio abbandonato lungo il corpo, le nocche delle dita ripiegate sotto il palmo adagiato sul materasso. Sposto lo sguardo sul tuo braccio rilassato, solcato da sporadiche vene blu, che amo sfiorare con la punta delle dita.
Talmente tanta disarmante bellezza, talmente tanta grazia e potenza, e perfezione , in quel braccio dalla pelle chiara, in quei  muscoli appena accennati, rilassati, nel sangue che scorre lento in quelle vene calde, da togliere il fiato. Vene da accarezzare, baciare, annusare piano in quella distesa di pelle sottile e meravigliosa.
Ai miei occhi appari così terribile, e pericoloso, nella tua  vulnerabilità di sonno madido di sogni e respiri profondi, tal quale un leone abbandonato sotto un albero.
Le tue sopracciglia nere sono serene, il tuo dolce respiro è regolare e silenzioso, la bocca chiusa è umida e tranquilla. Il vento ti muove i capelli, gioca con le tue ciocche nere, e mi riempie di brividi.
Ti vedo scuoterti un attimo, socchiudere gli occhi , aggrottare le sopracciglia, per poi attirarmi a te, e abbracciarmi con un unico, fluido gesto naturale, spontaneo, inevitabile.
Ti stringi a me, e io passo il braccio sinistro sotto il tuo destro, accarezzandoti la schiena con la mano. Tu porti la tua mano, quella mano prima così abbandonata, dietro la mia testa,  le dita tra i capelli.

Fronte contro fronte, petto contro petto, gambe intrecciate, il tuo respiro,  il caldo tepore del tuo cuore e gli occhi chiusi, per non vedere - solo sentire...! lo sgocciolare della pioggia, il protestare del tuono.

Tua C.