Ieri
ho cominciato a scrivere di te...e ho finito per scrivere di un altro. Forse è
questo che ti ha dato fastidio?
Forse
è per questo che non trovo più la bozza del mio lungo scritto tra le bozze
salvate? Lo hai rifiutato al punto da volerlo cancellare? Perchè io ricordo
distintamente di averla salvata, quella mia lettera, non ancora finita, l'avrei
riletta, forse cambiata, terminata, riscritta, oggi, prima di pubblicarla. Non
mi hai dato il tempo di farlo.
Odi
il fatto di essere paragonato a un altro, sebbene tu lo superi di una, due, tre
spanne almeno?(nonostante tu sia per me semplicemente imparagonabile con
chiunque, in realtà?) Oppure odi di sentire descrivere dalle mie labbra i
particolari della mia storia con lui? O forse tutt'e due le cose?
Mi
dispiace, e ti chiedo scusa se ti ho fatto arrabbiare, se ti ho ferito, anche se per me il fatto stesso che tu possa
aver letto (seppur arrabbiandoti) e, forse, il fatto stesso che tu possa
esserti sentito geloso di me, è di grandissima consolazione. So che non dovrei,
so che in teoria è sbagliato e anche un po' meschino, ma ho una fame di te
talmente grande che qualsiasi cosa, qualsiasi, mi va bene, purchè mi parli di
te, purchè mi possa far pensare ad un tuo minimo contatto con me.
Ma
non voglio, in questa lettera mia, lamentarmi di quello che ho, di quello che
vivo...non voglio lamenti, voglio amore, esprimere l'amore che sento, il colore
con cui il pensiero di te dipinge la mia anima, ho voglia di parlare di quello
che ho, non di quello che non ho, e di come quello che ho mi aiuta ogni giorno
a sopportare quello che non ho.
La
mia vita non è stata più la stessa, da quando il pensiero di te mi si è
intrufolato nel cuore ormai quindici anni fa, e si è insediato lì talmente
profondamente che l'unico modo per poterlo scardinare da lì sarebbe aprirmi la
cassa toracica a metà, sezionare il mio cuore, raggiungere il suo punto più
profondo e più nascosto, lì, tra una fibra e l'altra, dentro la carne, e
scavare, scavare scavare, fino a raggiungere quel pensiero, ed eliminarlo
scavando nella carne viva, eliminando quella porzione che ormai si è
irrimediabilmente intrisa del tuo pensiero, della tua immagine, e solo dopo
aver asportato tutto, ricucire e richiudermi. Ammettendo di essere ancora viva
al termine di questa operazione, cosa resterebbe di me?
E
così, mi attacco all'irrazionalità più pura, mi dico che eri tu quello che mi
ha chiamato quel giorno al telefono con l'anonimo, facendo finta di dovermi
consegnare una pizza a forma di cuore, mi dico che eri tu, ieri, sempre con
l'anonimo, che nella difficoltà di metterti in contatto con me al telefono la
tua voce mi arrivava distorta, incomprensibile, affannosa.
So
che la realtà è diversa. So che nella realtà la pizza a forma di cuore era o
non destinata a me (per mettere l'anonimo bisogna digitare il numero
manualmente, e forse c'è stato un errore), o frutto di uno scherzo dei
ragazzini delle medie di Modigliana. O, tutt'al più, nella migliore delle
ipotesi, non era nè un errore nè uno scherzo ma, semplicemente, non eri tu.
Perchè tu non ci sei. Tu non esisti, se non nella mia fervida, disperata
fantasia. So benissimo qual è la realtà
della telefonata di ieri. Un banalissimo errore, un povero corteggiatore
respinto da chissà chi, che aveva intenzione di chiamare con l'anonimo chissà
chi, e che ho letteralmente annichilito urlandogli che aveva sbagliato numero,
dopo la terza telefonata. La realtà, triste, fredda, noiosa, normale e piatta,
è questa qui. Io lo so, non ho ancora perso - del tutto - il senno, l'esame di
realtà.
Ma
ho bisogno di credere, un po' per gioco, un po' per nutrire il mondo dei miei
sogni, della mia fantasia, che invece fossi tu, mio amore...ho bisogno di
credere che anche tu senti la mia mancanza, che senti il bisogno di metterti in
contatto con me, ogni tot di tempo, che non puoi stare troppo tempo lontano da
me, quando mi senti chiamarti.
Perchè
per anni, tu non ci sei stato... forse avvertivi che io non c'ero. Non che ti
avessi dimenticato...come ti dicevo, il pensiero di te, per quanto sepolto, per
quanto silente, non mi ha mai abbandonato. Io lo so, che è stato lo stesso
anche per te. So che anche tu ti sei sentito solo, ti senti solo, so che
l'attesa è lunga, triste, che la solitudine è tanta. Per cui so che - forse -
anche tu hai ingannato l'attesa, tentato di colmare il senso di vuoto, di
solitudine, di noia, con qualche amore diverso da me. E so che per qualche
tempo il pensiero di me è rimasto silente, si è acquietato, domato, e hai forse
creduto di avermi superata. Forse, non so se è andata davvero così, magari sono
ingiusta nei tuoi confronti, però se le cose sono andate davvero così, vorrei
dirti che non te ne faccio una colpa. Lo capisco (per quanto ovviamente mi
faccia male e mi faccia impazzire di gelosia). E' stato così anche per me, e so
che anche tu lo capisci, per quanto ti faccia male e ti faccia impazzire di
gelosia.
Però
so anche che ad un certo punto il pensiero di me si è risvegliato, come il tuo
in me, e abbiamo ricominciato a cercarci. Io penso a te ogni minuto della mia
giornata e della mia notte, anelo della tua presenza, e cerco in ogni modo di
spingere il mio pensiero oltre le cortine di buio, oltre la terza dimensione,
oltre lo spazio e il tempo che ci separa. E so che tu in qualche modo cerchi di
rispondermi, di raggiungermi, di spingerti con la punta delle dita a toccare le
mie. Lo so, lo sento. Ci siamo incontrati nei sogni, sporadicamente....dimmi,
perchè così poche volte? E' forse più difficile per te raggiungermi lì? (io
invece pensavo fosse il contrario...ma evidentemente ci sono tante cose che non
so).
Te
la ricordi, quell'ultima volta, in cui si siamo incontrati...? tu, vicino a
quell'aereo enorme e nero, sotto un
cielo di sabbia infuocata, in un
altrettanto enorme pista di atterraggio, che non ricordo se fosse piena di
altra gente oppure no. Ricordo solo te, il mio sguardo, catturato solo da te,
la mia attenzione, focalizzata su di te: alto, bellissimo, bello come il sole,
fiero come un leone, lontano come il paradiso perduto. E quell'aereo grande,
nero, pericoloso, tutto d'acciaio, pronto ad inghiottirti e strapparti via da
me. E io, così lontana...sempre così lontani..... io su quella balconata
lontana, lontanissima, aggrappata con le dita strette alla balaustra, mentre il
cuore mi si spezzava, a vederti andare via. E poi..hai voltato la testa, e non
importava quanto fossimo lontani, due figurette di carta, due statuine di
plastica nelle mani di un bambino capriccioso che giocava con i nostri cuori,
con centinaia di metri tra noi, tu in procinto di partire, io bloccata su
quella cavolo di balconata che avrei potuto abbandonare solo sfracellandomi al
suolo. E tanta gente tra noi, tanta confusione, e la luce, tanta poca luce, la
luce di un crepuscolo triste, che tingeva il cielo di sabbia rossastra, che ci
illuminava a malapena. Hai voltato la testa, e mi hai vista. Ci siamo guardati
dritti negli occhi, in un addio lunghissimo privo di parole. Perchè era un
addio, me lo diceva il cuore, che mi
sanguinava nel petto, me lo diceva il groppo in gola, me lo dicevano gli
occhi che bruciavano per le lacrime, che cercavo di ricacciare indietro
affinchè non oscurassero l'ultima immagine che avrei conservato di te. Me lo
diceva quella nostalgia disperata che sentivo, quella disperazione muta, quella
rassegnazione impressa a fuoco su ogni centimetro di pelle. Non ricordo chi ha
alzato per primo la mano, in un cenno di saluto, se io o tu. So solo che ci
siamo guardati così, per un secondo lungo un' era intera, con il braccio alzato
in segno di addio, addio amore, addio anima mia, addio respiro del mio petto,
luce degli occhi miei, mio fine ultimo, mia patria e mio riparo, addio, addio,
addio.
E
dentro di me pensavo, perchè, perchè, perchè
perderlo senza nemmeno avere avuto la possibilità di abbracciarlo almeno
un'unica volta, respirare il suo odore, affondargli le dita tra i capelli,
stringerlo forte e sentire il sapore della sua pelle, delle sue labbra? perchè?
perchè strapparmelo via così?
Amore
mio, la conosci tu l'angoscia che ho provato?